Che cos’è, come funziona, cosa può fare e cosa non può fare, quanto conta lo studio e quanto l’ispirazione e tutto quello che c’è da sapere prima di operare magicamente.
La magia e i segreti della magia, seppur nella loro semplicità, è una delle arti più complesse che l’uomo abbia avuto modo di studiare e argomentare. La sua complessità non è insita nel metodo o nella funzionalità, che sono stati osservati e studiati sotto molteplici aspetti, a partire da quello antropologico fino quello pratico, ma nella difficoltà di individuare una casistica materiale che possa soddisfare il palato degli scettici.
Perché esiste
La domanda interessante da porsi è: la magia esiste perché la gente ha cominciato a crederci o esisteva sin da prima e l’essere umano ha solo compiuto il passo di scoprirla o apprenderla da insegnanti superumani? Se la risposta fosse la prima, allora si dovrebbe pensare alla magia come si pensa alle fate nelle opere di James Matthew Barrie: la loro vita è condizionata dalla fede nella loro esistenza. Anche se la fiducia è una componente fondamentale per l’atto magico, tuttavia, per quanto romantico sarebbe azzardato affermare che non esisterebbe se la gente non ci credesse. La seconda opzione è quindi che sia una pratica giunta da insegnanti superumani o preterumani. È il caso ad esempio della storia (veritiera o meno) della magia salomonica e dei sigilli che consentono di comandare spiriti e demoni. Tuttavia chiunque abbia una certa cultura magica sa benissimo che le clavis di Salomone sono state attribuite al Re degli ebrei solo per comodo e per garantire veridicità. Anche se i libri che contengono formule, sigilli e indicazioni su come operare magicamente ci sono giunti da molti autori, non si può dire che la magia nasca nel momento in cui se ne trovano delle tracce. Cornelio Agrippa, Eliphas Levi, Abraham Ben Simon, per citarne alcuni, hanno solo messo per iscritto qualcosa che avevano imparato da altri. È altamente probabile che abbiano sperimentato, perfezionato ed evoluto un metodo, migliorandolo, ma è difficile affermare che si siano inventati qualcosa. È più corretto dire che abbiano raccolto le conoscenze apprese nel corso di una vita e abbiano deciso di trasmetterle affinché non andassero perdute.
Funziona benissimo
Quando ci si approccia alla magia, in ogni sua manifestazione, è inevitabile che ci si trovi di fronte ad alcuni luoghi comuni e alcune visioni che possono essere, talvolta, del tutto parziali: partendo dal fatto che il grosso problema della magia non è nel suo mancato funzionamento. Anzi. È proprio nel fatto che al contrario funziona anche troppo bene. Se la magia non funzionasse per nulla, infatti, sarebbe rimasta relegata in tempi immemori e non si sarebbe trasmessa tutt’ora, insinuandosi nelle fibre stesse dell’umanità. Pertanto la domanda non è se la magia funziona o meno, ma cosa ci serve per farla funzionare o, magari, cosa può fare e cosa no.
La letteratura fantasy è ormai risaputo e accertato che abbia aiutato a trasmettere un bagaglio di informazioni preziose sui più svariati argomenti legati alla magia. Basti pensare ad autori come Michael Ende, J. K. Rowling, Neil Gaiman, Terry Pratchett, Jonathan Stroud o Ursula K. Le Guin solo per fare degli esempi. Per chi le sa leggere con consapevolezza, molte delle loro opere, anche se per via romanzata, tracciano un significativo schema di ciò che la magia può fare, come funziona e come viene convogliata.
La magia è un’Arte
Per capire cosa intendiamo, tuttavia, è bene fare un passo indietro e ragionare su cos’è la magia. Noi tutti la accettiamo come un dato di fatto sin da bambini. Molti di noi perdono di vista questa accettazione, relegandola alla sfera delle stupidaggini, altri la conservano come un ricordo di qualcosa di affascinante e giocoso. Molti pensano che sia come con le fate di Barrie che abbiamo citato prima: basta crederci. Altri, molto pochi, la studiano e la apprendono per quella che è: un’Arte.
Il fatto che la magia esista è un dato di fatto che non merita di essere messo in discussione su queste pagine. Lasciamo che siano gli scettici a rimanere nella loro ignoranza. Occupiamoci invece di cosa sia ma soprattutto di cosa può fare e se hanno ragione più le persone che pensano che basti avere buone intenzioni ed essere ispirati o che sia utile, fondamentale, se non necessario studiare per farne un buon uso.
Definizione
La definizione di magia è nota soprattutto per il postulato fondamentale stilato da Aleister Crowley nel suo Magick, Theory and Practice e che molti amano sintetizzare nel semplice teorema: “ogni atto intenzionale è un atto magico” che, diciamolo, è vero ed è quello che l’autore afferma, ma che estrapolata dal contesto rimane una frase d’effetto, che tuttavia in sé stessa è orfana di quello che c’è di importante nella parola “intenzionale”. Se ci basassimo solo su questa frase allora un gatto che attraversa una strada compie un atto magico, perché di fatto è un atto intenzionale e non casuale. Cosa rende questo “intenzionale” diverso da un semplice “voglio una cosa e allungo la mano e la prendo”? Tutto e niente, in realtà, perché in questo “intenzionale” si celano due delle componenti astratte fondamentali di ogni atto magico: volontà e intento. Una macchina parcheggiata in una strada rimane una macchina? Certo che sì. Si muove senza guidatore? No. Allo stesso modo, la volontà è la spinta che permette alla magia di mettersi in moto. Se il guidatore non conosce la strada, la macchina si muove? Sì, ma non raggiunge il suo obbiettivo. Possiamo avere una volontà ferrea, ma se non sappiamo bene cosa vogliamo non otterremo comunque nulla.
C’è tuttavia un terzo componente che permette a una persona che guida un’auto di muoversi da A a B usando quel mezzo e non basta la volontà e l’intento per farlo: è la conoscenza delle basi di funzionamento. Se una persona non sa guidare e non sa come funziona un’automobile, non riuscirà a muoverla.
Fino a qui, chiunque si troverà d’accordo con me: guidare un’auto è un atto intenzionale che richiede una certa conoscenza del mezzo e del suo funzionamento oltre al desiderio di muovere l’auto e la conoscenza di dove andare. Se applichiamo questo discorso alla magia, ecco che gli animi si scaldano, perché dire a una persona che per fare magia è necessario che conosca le basi del suo funzionamento è come dire a qualcuno che canta sotto la doccia pensando di essere Freddie Mercury che è il caso che prenda lezioni.
Il come è importante
Tuttavia c’è un punto da tenere in considerazione: così come non è sempre necessario avere una patente per saper muovere un’auto, non è necessario aver letto il De Occulta Philosophia per saper fare un incantesimo. Quello che c’è di diverso non è il “poter fare” ma il “come e cosa fare” e soprattutto con quanta sicurezza per noi e per gli altri. Conosco una marea di persone, alcune anche vicine a me, che pensano che in magia basti avere chiare a rozze linee come funziona qualcosa per metterlo in atto con successo, a volte asserendo, non senza una certa dose di supponenza, che “finché lo fai per un buon motivo allora non c’è niente di male” e ignorando, a volte deliberatamente e a volte in modo fortuito, il fatto che niente di ciò che si muove nel cosmo su qualsiasi piano è privo di conseguenze e che non basta avere un’apparente buona intenzione per compiere un’azione che la rende meno riprovevole agli occhi di chi ne subisce l’esito diretto o indiretto. Spesso queste conseguenze si attuano anche solo parlando con altre persone, consigliandole, suggerendo loro cosa fare, fornendo loro i mezzi perché possano mettersi in moto senza avere chiare le dinamiche di ciò che stanno facendo. Ignorarle non implica che queste non si azionino e non colpiscano.
A volte la conoscenza che ci arriva dallo studio ci è utile proprio per capire quando e come fare qualcosa nel modo migliore: che sia insegnarla ad altri, che sia usarla per noi stessi. Credo che sia inutile affermare che sia stupido pensare che conoscere meglio una cosa sia peggio che conoscerla solo in modo superficiale, soprattutto quando si parla di un argomento delicato e pericoloso come potrebbe essere la magia. Esattamente come un’auto guidata senza avere la patente, senza averne la consapevolezza, senza averne l’età responsabile, senza mostrare il dovuto rispetto a chi circola e al mezzo stesso, anche la magia può diventare un’arma con cui fare del male a sé stessi e alle altre persone.
Il colore della magia
Di base, quindi, dove si colloca l’intento? Quando sento affermare che la magia bianca è bene e la magia nera è male mi rendo conto quanto la cultura ci abbia imposto dei confini importanti entro cui noi abbiamo bisogno di muoverci per sentirci più al sicuro. Isaac Bonewits, nel suo capolavoro Real Magic, va ad argomentare proprio questa suddivisione della magia affermando, con il suo spirito goliardico, che è illogico pensare di voler colorare la magia e usare solo quattro colori: se definiamo verde la magia delle erbe, rossa la magia dell’amore, nera la magia del male e bianca la magia del bene, allora perché non gialla la magia legata allo studio e l’apprendimento? Perché non blu la magia della guarigione? Ci sono cose che, prima o poi, quando si studia la magia, bisogna abbandonare e una di queste è la classificazione rigida e imposta che la divide per colori sulla base dell’intento. Se la magia nera è una magia volta alla manipolazione, al ferire le altre persone e compiere atti eticamente discutibili, allora tutta la magia è potenzialmente nera perché se compio un incantesimo d’amore di magia rossa per legare a me una persona, se uso un incantesimo di magia verde per fare un maleficio, se uso un incantesimo di guarigione per aiutare una persona che vuole morire a rimettersi in piedi, sto sempre e comunque manipolando la volontà di qualcuno.
La magia è magia. È una pratica. Non è né buona né cattiva, è solo magia. Esattamente come un’automobile: è chi si mette alla guida che deve porsi il problema di saperla usare e come. Pensare alla magia come a qualcosa di senziente è un gravissimo errore. La magia è uno strumento e come un coltello non può essere incolpato della ferita che fa. L’attenzione va rivolta verso chi ne fa un uso squilibrato.
Cosa non può fare
Cosa possiamo fare, però, con la magia?
Come abbiamo detto precedentemente, molti autori fantasy, anche se non erano propriamente esoteristi, come lo era Dion Fortune, forse perché conoscevano qualcosa del mondo della magia o forse perché l’hanno intuito, hanno lasciato forti indizi su cosa la magia possa fare e cosa no.
A chi ritiene che la magia non abbia limiti è bene subito mettere in chiaro un punto: li ha eccome. Sono i limiti imposti dalle leggi fisiche del nostro pianeta, o meglio, dalla nostra capacità di interpretazione delle stesse. Mi spiego meglio: la magia può fare tutto ciò che la nostra mente razionale accetta di poter fare. Questo, a larghe linee, esclude tre cose principali, inglobandone tuttavia delle varianti approssimative.
*La prima è che la magia, nel suo immenso potere e facoltà, non è in grado di riportare in vita i morti. Chi è morto è morto. Per chi afferma che i bokor voodoo siano in grado, attraverso il processo di zombificazione, di compiere un atto magico che risveglia i cadaveri dalle loro tombe io rispondo che la tetradotossina, il componente principale della polvere zombie, è una sostanza altamente tossica che porta a uno stato di morte apparente. Le persone che sono afflitte da questa maledizione sono sepolte vive e si risvegliano dopo alcune ore. Il processo è talmente disturbante che li fa impazzire e schiaccia la loro volontà e non escludo che tramite mezzi magici il bokor sia in grado di manipolarli, ma per quanto l’esperienza sia terrificante e possa comportare gravi danni cerebrali, a tutti gli effetti le vittime sono biologicamente vive, non morte.
*La seconda cosa che la magia non può fare è alterare lo scorrere del tempo. Quando si parla di pietra filosofale, di elisir di lunga vita, si parla di concetti metafisici e anche se fosse possibile, non si parla di immortalità o di viaggi nel tempo tramite mezzi magici. Certo, tramite il piano astrale possiamo avere accesso a tempi e luoghi lontani, svincolati dal tessuto spazio-temporale, ma non ci è possibile in alcun modo riavvolgere gli eventi e riviverli in modo diverso grazie all’uso della magia.
*La terza cosa che la magia non può fare, e questo ci tengo a chiarirlo, è creare un sentimento là dove questo non c’è. So che molte persone leggono gli incantesimi d’amore, magari anche quello su cui Phyllis Curott ha scritto il suo terzo libro, come un modo per far sì che una persona che ci ignora totalmente, di punto in bianco, cominci ad amarci. In realtà non è così e ci tengo a dire che se si presta bene attenzione a ciò che ha fatto Phyllis, non c’è traccia di manipolazione: lei, per quanto racconta – e io non sono nella posizione di smentirla perché la verità la può sapere solo lei –, ha compiuto un incantesimo di richiamo: ha chiesto e ottenuto che la persona che era più adatta per lei giungesse nella sua vita e che potessero incontrarsi. Per quanto qualcuno si senta in diritto di pensare diversamente, è tutto un altro paio di maniche affermare che un incantesimo come quello scateni l’amore in qualcun altro.
Chiunque abbia l’azzardo di affermare che può generare l’amore (o qualsiasi altro sentimento) in qualcun altro sta mentendo, vi sta raggirando o non sa nemmeno lui cosa dice. Ciò che si può ottenere con la magia è la manipolazione, il bisogno (che può diventare anche ossessivo), di stare con qualcuno, l’incapacità di staccarsi da una relazione, un incomprensibile desiderio sessuale o il pensiero fisso che porta una persona a comportarsi come se fosse innamorata. Lungi da me giudicare i bisogni e le esperienze degli altri e men che meno ciò che siano disposte a fare o subire pur di ottenere affetto, ma quello non è amore: è un pallido riflesso e, inoltre, non è duraturo. Prima o poi la magia, per quanto potente, esaurisce il suo slancio, come una freccia che è puntata verso l’alto, per quanto scagliata con forza, prima o poi descrive un arco e discenderà verso il basso.
Alterare il tempo
Pertanto, se la magia deve rispettare le leggi di questo piano, se dovessimo trovarci in condizioni biologiche o fisiche differenti, la magia amplierebbe le sue restrizioni? In termini logici sì. Basti solo pensare al tempo, che è una convenzione e uno stato mentale e non una dimensione: se dovessimo riuscire a separare la nostra mente dallo stato temporale in cui si trova, come del resto la fisica quantistica sta dimostrando, potremmo arrivare a ignorare lo scorrere degli eventi e viverli come se ne fossimo in assenza. In parte lo possiamo già fare quando operiamo sul piano astrale, ma nel farlo inevitabilmente generiamo una copia che va a riprodursi sul piano fisico, e questa è già viziosa della temporalità della nostra mente che l’ha partorita. Dovremmo poter vivere separati dal piano materiale per riuscirci. In tal caso, però, non dovremmo essere più incarnati.
Ereditarietà
Alla luce di tutto questo, e anche a fronte di tutte quelle persone che si sentono in dovere di affermare di poter usufruire della magia con estrema competenza per ereditarietà, perché affermano di aver trovato il grimorio della nonna in soffitta, perché sono eletti, perché affermano di essere l’incarnazione di chissà quale mago, strega, sacerdote o sacerdotessa o esoterista famosi, a volte solo perché lo vogliono e questo dovrebbe bastare, arriviamo al punto fondamentale: quanto è importante la conoscenza e quanto è importante l’ispirazione quando dobbiamo pianificare e realizzare un incantesimo?
Esiste solo una classificazione possibile per la magia: quella che funziona e quella che non funziona (in genere perché svolta da incompetenti). Conoscere le regole che la determinano, rispettare i requisiti legati alle corrispondenze, ai momenti più corretti per svolgerla o meno, al coinvolgimento di precise entità che siano divine o puramente spirituali, conoscere ciò che concerne i pericoli che si corrono, i limiti che abbiamo e che esistono e soprattutto comprendere a pieno come funziona e perché, è il modo migliore per far sì che ciò che facciamo porti a dei risultati concreti, che non ci ponga di fronte a casistiche che non siamo in grado di gestire e soprattutto ci conferisca il giusto discernimento per non fare errori grossolani che potrebbero far sì che il nostro incantesimo non parta, si annulli, lotti contro sé stesso, si annodi o peggio che possa rivoltarcisi contro.
Dilettantismo
Dion Fortune, nel suo Autodifesa Psichica, afferma che il dilemma dell’occultismo moderno (e stava parlando nel 1930) è dovuto principalmente al già allora diffusissimo dilettantismo. Sono passati quasi cent’anni da quei momenti, eppure le cose non sono cambiate per nulla: anzi. All’epoca esisteva quanto meno la scusante di non aver modo di accedere a delle conoscenze per via della poca reperibilità dei testi, dell’élitarismo nell’educazione accademica e anche, per certi versi, di una certa dose di ignoranza dovuta alla paura. Ora alcune di queste barriere sono state abbattute, eppure chi ha il potere di studiare e informarsi e poter così lavorare in sicurezza e in modo anche più efficace si nasconde dietro al fatto che essere ispirati sia abbastanza e prende ad esempio le guaritrici di campagna, le nonne che fanno le segnature e che portano con loro un bagaglio culturale e magico di tutto rispetto che si è accumulato nel corso del tempo in saggezza e conoscenza e che non è mai dettato dal caso.
L’ispirazione
Secondo questo ragionamento si potrebbe dire che l’ispirazione sia una baggianata e che lo studio sia il solo modo per praticare le arti magiche. Non è così. L’ispirazione, che parta da noi, che derivi da suggerimenti da parte di entità dei piani interiori o che sia una memoria da registro akashico, ha una componente assolutamente importante in magia. Probabilmente una strega ispirata è più attiva e funzionale di una puramente accademica. Però è bene capire cosa sia l’ispirazione e come questa possa essere coadiuvata e incanalata in un lavoro magico. Da sola, l’ispirazione non è abbastanza, come non lo è solo lo studio. Un musicista deve essere ispirato, ma deve anche possedere un certo talento e una certa tecnica perché possa fare la differenza. Quando si fa magia l’obbiettivo dovrebbe essere sempre quello di eccellere, ma non per dimostrare ad altri qualcosa, come potrebbe capitare se si suonasse uno strumento, bensì perché eccellere significa ottenere il risultato al meglio delle nostre possibilità. Inoltre l’unica ferita che posso infliggere suonando male uno strumento è nel mio orgoglio. Con la magia non si può dire lo stesso.
Quello che spesso succede è nascondere l’incapacità e la non conoscenza dei più elementari sistemi di funzionamento della magia dietro al fatto che siamo stati ispirati ad agire in un modo totalmente incongruo a quelle che sono le basilari norme di qualsiasi sistema magico. Questo, a mio parere, è un modus operandi molto irresponsabile.
La magia è parte dell’umanità e tutti dovrebbero e potrebbero farne uso. Alcuni sostengono che sia un retaggio d’élite e che solo pochi possano beneficiarne. Io sostengo che è un retaggio d’élite perché in pochi hanno voglia di perdere del tempo a capire come funziona e i più pretendono risultati prima di aver anche solo cercato di entrare con la mente, il cuore e lo spirito in un mondo molto più grande di loro.