Il neopaganesimo deve sviluppare la sua filosofia e un’etica al di là del bene e del male, che sia in grado di fronteggiare la teologia cattolica e rispondere alle esigenze spirituali della contemporaneità.
Questa riflessione sulla filosofia e sulla teologia neopagana, che segue ad altre fatte nel corso degli anni, nasce dall’esperienza degli ultimi mesi e dal confronto con la religione di fatto dominante in questo paese, il cattolicesimo. Perché riflettere su un confronto proprio ora? Per questioni per lo più contingenti. I tempi durissimi nel mondo del lavoro, quello di giornalista, mi hanno portato a scrivere, tra le varie testate per cui scrivo, anche per una rivista dedicata al cattolicesimo e al nuovo Papa. Per i disinformati la figura di Bergoglio è un polo attrattivo di incredibile forza.
La bestia è viva!
Scrivere per un giornale dedicato al cattolicesimo è ad ogni modo un’esperienza professionale molto interessante. Occuparsi di argomenti legati al cattolicesimo, a ordini secolari, a figure rilevanti come San Francesco, porta comunque a delle riflessioni e a volte anche a una certa sorpresa, nella Chiesa, quest’istituzione che ricordiamocelo ha milioni di fedeli, c’è davvero di tutto. Mi fa ricordare che apparteniamo a un micromondo litigioso e anarchico che fa fatica ad organizzarsi anche nei modi più semplici che ha fede che la chiesa cattolica si estinguerà come un dinosauro. Ma la grande bestia è viva, e considerata l’età, non sta poi tanto male!
In anni passati non ho mai nascosto che il neopaganesimo e la Wicca debbano confrontarsi con il cattolicesimo, esattamente come i primi cristiani assimilarono le più importanti dottrine filosofiche del paganesimo.
La Wicca è per sua natura una religione dialogante, suo malgrado, come lo è il neodruidismo. Inutile dirsi che essi si devono costantemente confrontare con l’ottica cristiana, sia quando si tratta di leggere tra le righe di un processo di stregoneria, sia quando si tratta di recuperare dei simboli pagani che sono stati integrati nel cattolicesimo, o quando si debba leggere ciò che resta della propria religione nei resoconti dei monaci, ma anche quando si tratta di riscoprire le stesse festività.
Anticattolicesimo e consapevolezza storica
Ad un certo punto infatti quell’animosità nei confronti del cattolicesimo e del cristianesimo e dei loro dogmi etici e teologici che porta molte persone ad aderire alle varie spiritualità neopagane, è sostituito da una consapevolezza storica. Perché sono storiche le ragioni dell’affermarsi del cristianesimo e null’altro. Vicende profondamente umane.
Un paganesimo contemporaneo basato esclusivamente sull’anticristianesimo, è vuoto e ignorante, è il paganesimo populista e di massa. Questo tipo di paganesimo è per fortuna estraneo alla Wicca. Ignoranti erano quei cristiani che abbattevano le statue degli dei nei templi, sobillati dai demagoghi di turno. Nello stesso tempo però i padri della chiesa, mentre si abbattevano le icone degli dei, guardavano affascinati alla filosofia dei pagani, a Platone, a Socrate, ad Aristotele, per appropriarsi del loro pensiero e fondare la teologia cattolica.
Ma questa vicinanza filosofica, diventava una sovrapposizione nelle aree rurali. Mentre le statue erano distrutte nelle città e i templi venivano trasformati o abbandonati, nelle campagne fu solo attraverso un’adesione all’iconoclastia che il cristianesimo si diffuse come un sincretismo. A Diana, a Minerva, a Belisama si sostituì semplicemente un’altra Vergine. La moltitudine di dei minori venne sostituita dai santi, alcuni esistenti e altri no. E alcune divinità rimasero persino immutate nel nome, come Brigid, la Dea irlandese associata con Santa Brigida di Kildare.
Il cattolicesimo politeista
Non ci fu quindi mai una grande distanza tra un pagano praticante e un cristiano praticante, in un’epoca, quella della fine dell’Impero e dell’alto medioevo dove le città quasi non esistevano più, e la confusione era molta. Cambiate un po’ l’edificio (spesso le chiese erano costruite con le stesse pietre dei templi in rovina quando non erano i templi stessi), sostituite le statue, inseriteci il rito della messa, sostituite i sacerdoti. Attorno a questo nucleo sopravviveva un enorme carico di pratiche pagane che venivano lentamente assorbite o rigettate. Una fatica immane che più di mille anni dopo non aveva ancora dato i suoi frutti. San Carlo Borromeo, nella diocesi di Milano, faceva redarre l’Index Superstitionum, alla fine del 1500, che si trova nell’Archivio della Curia Arcivescovile di Milano, una fonte unica nel suo genere. Questo testo poco conosciuto è un documento di eccezionale importanza, perché non risente delle manipolazioni inquisitoriali, ma è un’indagine informativa, praticamente un’indagine sul campo, condotta dai preti della diocesi ed inviata all’arcivescovo. L’argomento dello scritto erano le pratiche legate alla superstizione, ancora in uso. Una parte di origini pagane, come seppellire il morto con la moneta in bocca e una gallina sottobraccio. In queste pratiche magico-religiose sono spesso coinvolti gli stessi sacerdoti.
Volenti o dolenti nel cattolicesimo esiste (ancora oggi) un patrimonio di pratiche magiche e rituali che non appartengono alla cultura cattolica, ma alla cultura rurale e pagana. Anche oggi il neopaganesimo fai da te non si distingue particolarmente dal cattolicesimo fai da te. Cambiano le pratiche, ma non cambiano i concetti di fondo di una spiritualità senza connotati specifici. Farsi il segno della croce prima di giocare un partita di calcio, non è diverso dal tracciare in aria un pentacolo quando si affronta un viaggio. Recitare una preghiera per ottenere qualcosa di specifico da un santo particolare o da una Madonna specifica (che è quello che ancora fa una moltitudine di cattolici), non è molto diverso da invocare una divinità per avere un altrettanto specifico aiuto. Davanti al cattolicesimo il vezzo politeista della Wicca o delle forme di neopaganesimo come si sono sviluppate nel nord Euoropa e in America, in un clima ampiamente protestante che esclude figure aggiunte alla trinità, perde di significato. Del resto la stessa definizione contemporanea di paganesimo politeista, dove politeismo vorrebbe marcare una distinzione di qualche genere con il monoteismo, potrebbe andar bene se fossimo in un paese islamico, ma qui in un paese cattolico, stride. Davanti all’occhio di un antropologo, il cattolicesimo, a partire dalla trinità e a seguire con il culto della Vergine e dei santi, è politeista.
E perde di significato anche l’elemento iconoclasta, dove in America, può essere rivoluzionario avere una statua su di un altare, qui la statuaria cattolica è talmente impressionante da fare impallidire i tentativi iconoclasti dei neopagani. Una statuaria del resto che affonda le sue radici proprio nel paganesimo antico.
Ma il problema è anche più profondo. Dove un neopagano di religione protestante vede qualcosa di radicalmente nuovo quando vede la sacerdotessa levare il calice durante il rituale, questo non accade a un cattolico. Nei culti protestanti di derivazione calvinista non c’è un sacerdote che debba “consacrare” pane e vino su un “altare”: gli elementi della Santa Cena (il nome protestante dell’Eucarestia) sono preparati su di un tavolo comune e la frequenza ed il giorno differiscono da chiesa a chiesa e persino da comunità a comunità (da una volta al mese fino a solo tre o quattro volte all’anno). Per i luterano non c’è l’obbligo del culto con santa cena, ma del culto della parola, dove appunto la santa cena è sempre prevista.
Un cattolico ha il preciso ricordo dell’elevazione del calice durante la messa. E di una celebrazione che nonostante il Concilio Vaticano II, ha ancora le connotazioni di un rito e non di una riunione legata al culto della parola come avviene nelle chiese protestanti. Persino il blessed be, “che tu sia benedetto” che all’estero suona come qualcosa di profondamente pagano, e pure all’orecchio anche solo di un anglicano, in cui la liturgia è più simile alla nostra, qui ha un sapore quasi monacale.
Il sincretismo al contrario
Mentre procedo con l’editing di articoli sul cattolicesimo, cercando di riesumare i vari esami di introduzione allo studio delle religioni, storia medievale e storia del cristianesimo e della chiesa che ho dato anni fa alla facoltà di storia, mi convinco sempre di più che almeno qui in Italia, il neopaganesimo deve essere imperniato su due fondamentali elementi: laddove nella pratica si può tranquillamente operare un sincretismo al contrario, nell’etica ci si deve imperniare su una rivoluzione dei valori.
Che cosa significa sincretismo al contrario? Significa individuare tutti quegli elementi di derivazione pagana che stanno dentro al cattolicesimo. Festività, luoghi, culti particolari. Poiché le differenze superficiali che appaiono molto sensibili all’estero, nei paesi mediterranei si riducono, si deve compiere un opera di riappropriazione (e di ricerca).
Se poi guardiamo al cattolicesimo popolare, come si pratica ancora oggi in molte aree del paese e in particolar modo nel sud Italia, il ricorso a pratiche magiche è una prassi. Dove nelle province del nord si va infatti diffondendo da almeno due decenni uno spiritismo cattolico, dove Padre Pio è l’entità più alla moda che fa muovere monete, croci, bicchierini e panchette, e la sensitiva di paese sostituisce la figura del guaritore o della guaritrice. Al sud le forme di devozione popolare e il ricorso a personaggi che potrebbero essere classificati come streghe e stregoni (guai a chiamarli così) cattolici per togliere malocchi, adocchi, ecc., è ancora un’usanza abbastanza diffusa. Un corredo di rimedi e formule che farebbero impallidire i praticanti della Wicca (quantomeno quelli non italiani) o della cosiddetta stregheria, la cugina più moderna della Wicca, con pretese però più tradizionaliste ed etniche, che oggi va tanto di moda.
Molte di queste pratiche fanno parte del folklore locale e altre più raramente derivano da tradizioni più specificamente familiari, le une e le altre quando sono distinguibili, vanno lentamente scomparendo davanti alla modernità, ma anche all’atteggiamento della Chiesa che mal tollera ormai certe forme di cattolicesimo. Il sincretismo al contrario è salvare queste tradizioni, non nell’ottica di un ritorno alla superstizione, ma attraverso una rilettura che guardi alla radice più antica della maggior parte di essere (quella pagana) e che possa dargli un nuovo significato (quella visione magica contemporanea propria del neopaganesimo e della Wicca). Questa è una necessità fondamentale a cui in Italia per fortuna non tutti si sono sottratti. Ovviamente si tratta di un lavoro serio e profondo e non semplicemente di riproporre in salsa new age, incantesimini che si possono trovare in qualsiasi libercolo di magia popolare e dire che ce li ha passati la nonna, come è già accaduto in alcune riproposizioni editoriali sfortunate della stregoneria tradizionale.
L’abisso teologico
Ma se sul piano pratico le cose non sembrano così complesse come sembrano, sul piano filosofico e teologico, siamo un po’ come delle pulci. Così dovevano sentirsi i primi filosofi cristiani davanti alla filosofia del paganesimo. Del resto anche duemila anni di dottrina si sentono, in una religione che ha sempre distinto la massa e l’elite. Davanti al castello teologico ed etico del cattolicesimo, il neopaganesimo sembra si un castello, ma di sabbia.
Non esiste un’organica filosofia del neopaganesimo contemporaneo, anche se esistono certamente delle proposte in questo senso anche all’interno della Wicca come Amber Laine Fischer e Vivianne Crowley, ma anche dei filosofi e antropologi che si sono occupati direttamente di neopaganesimo come Fernando Savater, Salvatore Natoli, Marc Augé. E anche dei veri e propri punti di riferimento filosofici, sia per quanto riguarda la filosofia antica (i neoplatonici) che quella contemporanea (Nietzsche, Heidegger, Maria Zambrano, Jung e Hillmann, i filosofi dell’ecologia profonda tra cui Arne Naess).
È impossibile e forse contraddittorio parlare di una teologia neopagana in una religione non dogmatica. Ma non è impossibile pensare ad un pensiero neopagano che affronti la questione metafisica, psicologica / spirituale (questo binomio all’interno di una visione non esclusivamente scientifica della psiche diventa inscindibile) e quindi etica ed estetica.
Senza entrare nel merito, relativamente alla metafisica, il neopaganesimo deve iniziare a pensare al rapporto messo in luce dall’esistenzialismo tra essere ed esserci, e riproporlo nei termini di identità / differenza con la dimensione del divino e del sacro. Una via percorsa già in parte da Maria Zambrano, ma che deve rivendicare l’essenza profondamente pagana delle filosofie esistenzialiste e una riconsiderazione di alcune dottrine neoplatoniche.
Un pensiero neopagano dovrebbe articolare anche una psicologia che si occupi di chiarire non solo il fine dell’uomo, ma anche quello degli oraganismi viventi che sono suoi fratelli. L’ecologia profonda e l’ecopsicologia hanno già fornito una moltitudine di spunti relativamente a questi temi. Che ovviamente potrebbero essere integrati con l’ambito più strettamente simbolico e psicologico come espresse da Jung e dallo psicologo più pagano del ‘900 James Hillmann.
Infine nel riaffermare il ritorno al kalos kai agathos (cioè all’etica presocratica dell’identità di bene e bello), dovrebbe offrire delle risposte sul piano etico totalmente altre rispetto al cattolicesimo.
Il fascino della differenza
Nell’etica neopagana devono entrare a pieno titolo concetti come eutanasia, autodeterminazione della donna, i temi dell’ambientalismo e della sostenibilità, del divorzio, del matrimonio omosessuale, della sessualità. In un ottica di ribaltamento dell’etica cristiana e di spiritualizzazione dell’etica laica. Anche il tema della povertà non può essere affrontato nei termini di “non c’è salvezza lontano dai poveri” (extra pauperes nulla salus), ma nei termini di giustizia sociale che non veda nella povertà uno status di grazia, ma un vulnus della società che va radicalmente eliminato riducendo le disegualianze sociali. Non sono i beni materiali il problema, ma chi ne ha troppi e chi ne ha troppo pochi.
Si tratta di sposare un’etica senza “diavoli”, senza cadere però nel manicheismo. Dove il giusto e l’ingiusto appartengono esclusivamente alla dimensione umana, come sottolineava già Eraclito, ad una dimensione quindi psicologica. Il bello è la dimensione divina, perché belle sono per il dio tutte le cose. Ma la dimensione della finitezza in cui siamo gettati ci porta a distinguere tra bello e brutto, perché anche se da un’unica fonte entrambi traiamo respiro, uomini e dei, un’unica differenza ci separa in tutto, che noi siamo niente, mentre gli dei sono per sempre. È nella dimensione umana della finitezza, quella del bello e del brutto, che appaiono il giusto e l’ingiusto, il bene e il male. E in questo apparire le stesse forze della natura, quelle costruttive e quelle distruttive, eros e tanathos per usare un linguaggio freudiano, ci sembrano buone o cattive. Eppure la nostra mente (e il nostro cuore) è simile a quella degli dei ed è attraverso di essa che possiamo riavvicinarci spiritualmente al divino, comprendendo che non c’è separazione.
Quella scintilla divina che è la fonte stessa della nostra individualità, l’Io sono, diventa consapevole di essere parte di un tutto molto più ampio e infinitamente grande. È questa la salvezza senza fede dei culti misterici come vengono riproposti oggi per esempio attraverso la Wicca. Essi non sono una proposta di attesa per una felicità che verrà nell’al di là, ma un’incitazione al fare: fa ciò che vuoi, se non danneggia nessuno. Reclamare la propria felicità ora, in questo mondo, scoprendo le divinità subito, nel profondo di se stessi, senza attendere chiamate. Non fede, ma fiducia in ciò che si è. Che è la risposta alle varie etiche della proibizione e della mortificazione: il vero fascino della differenza.